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Avanguardie del Novecento: Futurismo e Dadaismo
All'inizio della Prima Guerra Mondiale, artisti fuggono in Svizzera e a Zurigo fondano il Cabaret Voltaire, promuovendo l'arte dadaista come rivolta contro le convenzioni e la vacuità del potere.
Le immagini fornite sono esclusivamente a scopo illustrativo e potrebbero non riflettere esattamente la realtà del prodotto o del contesto.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, intellettuali ed artisti da tutta Europa si rifugiano in Svizzera, Paese neutrale. Alcuni di loro condividono la critica nei confronti dell'arte accademica, e intendono negare la validità delle forme artistiche del passato.
Fondano a Zurigo il Cabaret Voltane, dedicato al grande illuminista francese che credette nei valori della ragione dell'uomo; valori che in quegli anni appaiono travolti da un'ondata di irrazionalità. I concetti di patria, civiltà e onore sono, agli occhi dei giovani del Voltaire, parole vuote e retoriche.
Spinti dal disgusto verso il potere politico ed economico dominante, tentano, mediante l'arte scenica del cabaret, di metterne a nudo la vacuità. Utilizzano le tecniche più diverse: la performance, l'assemblaggio di oggetti, il fotomontaggio. Ispiratori e principali artefici del movimento dadaista sono il poeta romeno Tristan Tzara (1896-1963), l'architetto, anch'egli romeno, Marcel Janco (1895-1984), l'imprenditore teatrale e poeta tedesco Rugo Bali (1886-1927), lo scultore francese HansArp (1887-1966).
Negli stessi anni, un gruppo dadaista sorge anche a New York, su sollecitazione dello statunitense di origine russa Man Ray (1890-1977) e dei francesi Francis Picabia (1879-1953) e Marcel Duchamp. Il movimento si oppone alla civiltà attuale in tutti i suoi aspetti e si prefigge di distruggerne i valori per ricostruirli in modo radicalmente diverso.
Procede, quindi, alla demolizione di tutte le forme d'espressione tradizionale, compresa quella verbale: Dada, nome trovato per caso, significa semplicemente sì (da, in russo). Dada si oppone alla poesia, all'arte, a tutto ciò che è comunemente considerato bello ed eterno, utilizzando i toni dissacratori di chi vuole provocare: "L'opera d'arte non deve rappresentare la bellezza che è morta", scrive Tzara nel Manifesto Dada del 1918.
Scopo dell'arte dadaista è dunque quello di causare un forte effetto di sorpresa e di disappunto nello spettatore, per farlo riflettere sulle convenzioni da lui accettate.
di Concetto Vecchio
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